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Greenpeace a fianco di indios in Amazzonia contro mega dighe

Associazione informa indigeni sul progetto governo

02 ottobre, 18:41
GREENPEACE AL FIANCO DEGLI INDIOS MUNDURUKU PER PROTEGGERE L’AMAZZONIA DALLE MEGA DIGHE GREENPEACE AL FIANCO DEGLI INDIOS MUNDURUKU PER PROTEGGERE L’AMAZZONIA DALLE MEGA DIGHE

Greenpeace sarà in Amazzonia al fianco degli indigeni Munduruku per fermare il progetto del governo brasiliano di costruire "una diga gigantesca per sbarrare la strada al fiume Tapajós, tra i più grandi della foresta, sacrificando un'area immensa e ricca di biodiversità allo scopo di produrre energia elettrica". Lo fa sapere l'associazione ambientalista spiegando che "So Luiz do Tapajós, il luogo dove dovrebbe sorgere l'opera, è la patria degli indigeni Munduruku, la cui vita dipende totalmente dal fiume e dalla foresta circostante e che hanno deciso di difendere il loro territorio". Secondo i progetti, spiega Greenpeace, la diga di So Luiz do Tapajós, nello stato del Parà, sarebbe la più grande dell'Amazzonia dopo quella di Belo Monte. E verrebbe affiancata dalla costruzione di decine di altre dighe, mettendo a rischio numerose specie endemiche, oltre alla stessa sopravvivenza fisica e culturale dei Munduruku, una popolazione indigena di 12 mila persone che abita queste terre da sempre. Greenpeace ha chiesto a nove ricercatori indipendenti di condurre un'analisi critica dei documenti necessari per autorizzare il progetto: la Valutazione di impatto ambientale e lo Studio di impatto ambientale (VIA/RIMA in portoghese), consegnati l'anno scorso alle autorità competenti da Eletrobras, una delle principali compagnie elettriche brasiliane. "I risultati dell'analisi, appena resi pubblici - afferma Greenpeace - mostrano che la documentazione fornita da Eletrobras non adempie al suo compito fondamentale: anziché offrire informazioni sui rischi ambientali del progetto per poter decidere se autorizzare la costruzione delle dighe, di fatto è solo uno strumento per legittimare scelte politiche già prese. Greenpeace chiede dunque che le autorizzazioni siano respinte, non solo per le omissioni tecniche, ma anche perché le popolazioni native non sono state consultate".

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