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L'aria e' ottima (quando riesce a passare)

di Aniello Arena con M.C. Olati

03 febbraio, 15:37
L'aria e' ottima (quando riesce a passare)
L'aria e' ottima (quando riesce a passare)
L'aria e' ottima (quando riesce a passare)

di Paolo Petroni

Quando, detenuto ''fine-pena-mai'', arriva al carcere di Volterra, dopo averne girate tante di galere italiane, racconta: ''Mi accorsi subito che c'era qualcosa di diverso'', non fu sbattuto in cella, ma accompagnato, e aggiunge: ''Conoscere le sfumature di una lingua che prima non mi apparteneva, aiuta a pensare bene. Ma il 26 novembre 1999 ero ancora un pezzo di carne che camminava. Non conoscevo i verbi, né l'italiano, né molte altre cose''.

La storia di Aniello Arena, ergastolano per essere stato coinvolto a Napoli in una sparatoria con morti, da scugnizzo di Barra col padre in galera e parenti malavitosi a attore premiato col Nastro d'Argento quale miglior interprete 2013 come protagonista del film 'Reality' di Matteo Garrone, Gran Premio della Giuria a Cannes, è esemplare e scioccante, cruda quanto esaltante, lì pronta a dimostrare come la rieducazione sia possibile se solo i detenuti vengono considerate persone, esseri umani, e come la cultura sia la chiave del riscatto. Un libro importante in questo momento di dibattito sulle nostre carceri.

Alla sua scoperta del teatro, alla sua carriera d'attore sotto la guida di Armando Punzo, regista, ideatore e animatore in quella prigione con la moglie Cinzia della Compagnia della Fortezza, oggi conosciuta a livello internazionale, Arena dedica, nel racconto che fa a Maria Cristina Olati per questo libro, poco più di un quinto dello spazio. Il resto è la sua storia sino a quel giorno, come l'ambiente in cui si cresce e la tentazione di risolvere tutto in una volta, divengano i semi di un destino di perdizione, di discesa agli inferi. Non c'è altra definizione per la realtà di Poggioreale, dove Aniello entra la prima volta ragazzo, e scopre che per le guardie botte e punizioni sono la norma, che vige solo violenza e maniere forti, ''ma così forti che quando uscivi ce l'avevi a morte con l'istituzione... l'umiliazione era la regola non scritta di Poggioreale'' e il risultato sono sentimenti d'odio.

Per pagine e pagine coinvolgenti è come qualcuno ci aprisse una porta sulle prigioni italiane, sulla vita in cella e in un carcere, tra soprusi e tempo che non passa mai, perché Arena ci racconta la vita quotidiana, gli accadimenti 'normali', e già in questo è l'esasperazione della loro assurdità. Un'assurdità che alla fine riguarda tutta la sua esistenza, in cui diventa quasi impossibile e durissimo qualsiasi riscatto se, per provvedere a moglie e figli, ti ritrovi costretto a cercare scorciatoie illegali, se niente e nessuno ti mostra vie diverse e migliori. Se invece questo accade, i nodi, pian piano e dolorosamente ma cominciano a sciogliersi. Da 25 anni Punzo fa questo lavoro, dar vita a ''un palcoscenico di un mondo imprigionato che ci racconta le contraddizioni della nostra società'', parlando ai carcerati delle ''sbarre terribili che ci possiamo portare dentro'' e di quanto ''fuori talvolta la realtà sia più orribile che dentro''.

Ogni anno nascono così spettacoli che sono stati premiati e richiesti da festival internazionali, provati in una stanza stretta come un corridoio: ''Armando ha fatto di quella cella la sua seconda casa. L'ho visto stare in carcere sette giorni su sette, compresa la domenica, come uno di noi'', e poi capace, se serve, di prendere letteralmente per mano questi omoni segnati dalla vita per dar loro un po' di fiducia in se stessi. La rabbia così sparisce, vinta dalla passione per il teatro, e l'autore sente nascere ''un Aniello che non conoscevo, che aveva dentro di sé una forza nuova, quella del cambiamento''. Arrivano quindi i permessi, la semilibertà, l'incontro con Garrone, venuto a veder uno degli spettacoli della Fortezza. Allora non pare retorico Arena quando afferma: ''Oggi che ho scoperto come è bello leggere, quante porte ti apre un libro e quante te ne chiude l'ignoranza, penso che Dostoevskij abbia avuto ragione a scrivere: il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue carceri''. 

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