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Ugo Vetere

Morto a 89 anni il 'compagno' sindaco di Roma dal 1981 al 1985. Poi fu eletto al Senato

03 aprile, 16:42
Ugo Vetere
Ugo Vetere
Ugo Vetere

ROMA - ''Sono il sindaco di chi mi ha votato, di chi non mi ha votato e di chi mi ha votato contro''.

Era cosi' Ugo Vetere, l'erede di Luigi Petroselli e delle giunte capitoline rosse, il compagno ma anche il sindaco di tutti, quello che risano' le borgate, ricuci' la citta' dimenticata a quella piu' fortunata. E fece sentire i romani piu' cittadini di una Roma che faticosamente si trascinava fuori dal terrorismo, dalla ferita del rapimento Moro ed era insanguinata dalla Banda della Magliana. Vetere, calabrese, prima Cgil poi Pci, amava Roma e ne conosceva alla perfezione la macchina amministrativa. Sapeva essere un grande regista politico, ma sapeva anche delegare.

''Aveva umanita' e sapeva ascoltare'', dice ora di lui il suo grande amico Ugo Sposetti, a lungo tesoriere del partito. Assessore con Argan prima e con Petroselli poi nel 1981 ne diventa l'erede. Una successione non facile ma Vetere riesce a caratterizzare il suo mandato con una politica pragmatica mirata all'inclusione, al riscatto delle borgate, all'attenzione agli anziani, alle scuole, all'aiuto dei senza fissa dimora anche grazie al rapporto con don Luigi Di Liegro, al quale lo legava un'amicizia sincera. La Chiesa guardava con favore a questo sindaco. ''Il risanamento non era passato inosservato -dice Franca Prisco, suo assessore alle Politiche sociali e alla sanita' - e ricordo infatti la caduta della diffidenza da parte del Vicariato''.

E poi l'attenzione alla cultura, con il sostegno alle iniziative di Renato Nicolini. ''Caratterizzo' una fase di profondo e positivo rinnovamento della citta'', riflette il segretario del Pd Pierluigi Bersani. ''Per i cittadini era quasi uno di famiglia, cosi' veniva percepito'', spiega ancora Prisco. E ripercorre gli ultimi anni di Petroselli, ''sotto la cui consiliatura aprimmo i primi centri anziani, ne inaugurammo qualcosa come 70. E ricordo quanto i cittadini fossero contenti di parlare con lui. Questo era il nostro modo di fare, non essere mai distanti dai cittadini, una cosa che un politico non dovrebbe mai dimenticare''.

Anche il sindaco Gianni Alemanno oggi lo ricorda come ''un sindaco importante per questa citta', uno di quei sindaci comunisti di una volta molto radicati nella citta' e capace di stare tra la gente. Rappresentava quel sentimento di popolo che la sinistra un tempo aveva''.

Nella sala della Protomoteca in Campidoglio, la Camera ardente dell'ex sindaco rosso. Non stava mai fermo Vetere, amava girare per la citta', ascoltarne il respiro e i problemi, stare tra la gente: ''Non lo faceva mai in modo demagogico, sia chiaro - sottolinea Prisco - mai in modo autocelebrativo''. Vetere governo' Roma fino al 1985, per poi ritirarsi, negli ultimi anni della sua vita, a San Martino al Cimino, in provincia di Viterbo.

''Ugo era entrato in politica, ma non si era arricchito con la politica, come dimostra la sua modesta casa'', dice Falomi. E se oggi avesse potuto, si dice sicuro Falomi, ''vedendo la citta' cosi' peggiorata, avrebbe messo al centro del programma la lotta serrata ai tanti conflitti di interesse e privatizzazioni di cio' che e' pubblico e di cui e' preda la citta'''. ''Quel sindaco cosi' vicino alla gente - racconta quello che all'epoca era il suo assessore al Bilancio, Falomi - aveva fatto diventare citta' anche la periferia e le sue borgate''. Walter Veltroni, che da semplice consigliere comunale imparo' molto da Vetere, ricorda un episodio su tutti di questo sindaco-amico, modernissimo, immediato e genuino nel suo modo di intendersi veramente ''primo cittadino''. ''Entro' in una scuola dove uno squilibrato teneva i ragazzi sotto la minaccia di un fucile. Entro' solo e gli disse: 'Sono il tuo sindaco, dammi quell'arma' -ricorda Veltroni- e riusci' a farsela consegnare''. (ANSA).

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