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La copertina del libro

'I Diavoli'

di Guido Maria Brera

di Massimo Sebastiani

Mentre il neo-premier di un paese a rischio fa il giro dell'Europa che (forse) conta per convincere amici, alleati, rigoristi e non, della bontà delle sue ricette e il suo commissario alla spending review prova a racimolare i miliardi che (forse) servono a sostenere l'ennesima manovra, da qualche parte nel mondo c'è un asettico e silenzioso floor, un desk animato solo da computer che rimandano continuamente sequenze alfanumeriche e qualcuno che shorta anche sul debito sovrano del suo paese: sono i 'diavoli' della finanza, quelli che, alla faccia degli sforzi della politica, quando ci sono, orientano e condizionano i mercati, decidendo i destini di quegli stessi governi e soprattutto delle persone comuni costrette a fare i conti con una crisi che non hanno voluto, non hanno provocato ma devono, inesorabilmente, subire. Ed è questa finanza che ora, sotto forma di romanzo, viene spiegata soprattutto ai più giovani da uno che 'diavolo' lo è stato.

E' il racconto, dal punto di vista di Guido Maria Brera, di come si muovono gli squali, quei pesci che, a differenza dei più piccoli, si spostano senza fare la schiuma, lasciando le acque tranquille per non essere visti: quando il resto del mondo si accorge della loro furia predatoria è sempre troppo tardi. Massimo, il protagonista del romanzo, è un diavolo pentito, uno squalo che vuole tornare ad essere pesciolino, anche correndo il rischio di finire fuori dall'acqua, come accade a quello descritto nelle pagine centrali del romanzo, che agonizza e si dibatte sulla morbida moquette di un floor dove si decidono i destini del mondo, in una scena chiave dei 'Diavoli'. E' corretto parlare di 'scena' perché la vocazione cinematografica di Brera, nel raccontare la svolta della complicata e insoddisfacente vita di Massimo, è evidente. Qualche metafora e citazione in meno avrebbero probabilmente giovato ad un esordio narrativo che però ha il dono evidente dell'urgenza e della sincerità.

All'apice di una carriera fortissimamente voluta e intorno alla quale è stata costruita anche la sua vita - una bella moglie che decide di seguirlo nell'avventura londinese e due figli prossimi all'adolescenza - quando sta per diventare il 'padrone della City', Massimo fa un passo indietro (o avanti, a secondo dei punti di vista): lo aiutano la consapevolezza della fine di un matrimonio trasformatosi, come talvolta accade, in una spa, gli sguardi muti e gli interrogativi dei due figli, l'arrivo imprevisto di un'altra donna che sembra riportarlo all'amore per le cose che veramente contano, la morte di un amico che non vedeva da troppo tempo e, perché no, la riflessione su quello che si potrebbe definire il paradosso del tonno rosso (animale in via di estinzione di cui viene battuto all'asta un esemplare per un cifra da quadro d'autore). E' la parabola in forma di favola che occupa tutta la parte finale dei 'Diavoli' che però ha la sua forza maggiore nel riuscire a spiegare, più e meglio di qualunque analisi, scheda o inchiestina sugli spread e il debito sovrano, quello che è accaduto nel mondo negli ultimi sette anni. E che potrebbe ancora accadere. "Abbiamo venerato il denaro come un feticcio - dice il Diavolo pentito al Diavolo incallito - . Abbiamo comprato giudici, politici, agenzie di rating e sindacati. Abbiamo cambiato leggi e commissariato paesi, ma non siamo riusciti a creare ricchezza vera per tutti. Abbiamo fallito e presto verranno a cercarci". Ma non basterà un Massimo che torni a vedere la luce dopo aver attraversato l'inferno (anche lui ha qualche problema perfino con il tonno rosso). Ce ne vorranno molti di più.

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