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Amiche mie

Amiche mie

di Silvia Ballestra

di Gioia Giudici

La commissione mensa? "L'ala militare" dei comitati genitori. Inizia così, tra "lasagne pelose" e caffè tra genitori, il nuovo romanzo di Silvia Ballestra, 'Amiche mie' (Mondadori), incentrato sulla quotidianità di quattro donne milanesi, prese tra famiglia e lavoro, crisi economica e sociale. Un libro non solo al femminile, ma volutamente "femminista", come rivendica con orgoglio la scrittrice marchigiana scoperta da Pier Vittorio Tondelli.

Le amiche del titolo non sono solo le quattro mamme, ognuna con la sua storia - la quasi quarantenne che non ha messo a frutto la laurea se non per una breve esperienza come supplente, e ora si trova moglie e madre ma non realizzata, l'amica più grande, che deve sostenere economicamente la famiglia da quando il marito ha perso la laurea, e poi quella ortoressica, fissata con il cibo, e quella appena separata che si ritrova single a 40 anni - ma le donne "meravigliose e pure bellissime, che avevano lavorato, creato, scritto e cantato".

A queste eroine "nei momenti di scoramento e di amarezza" si rivolge Carla, che tra le quattro è quella che più si avvicina all'alter ego dell'autrice, pensando a loro come a "delle amiche cui rivolgersi idealmente per trovare motivazioni e speranza". Sono le donne che hanno fatto la storia, ma anche quelle raccontate, quei personaggi fittizi "visionari e positivi creati dagli uomini più attenti e acuti" e soprattutto "le donne raccontate dalle donne... che facevano prendere aria alle polverose stanze dei narratori maschi". Autori che, però, "non te lo riconoscevano manco morti e ti buttavano le biglie d'acciaio sotto i piedi - scrive Ballestra - mentre correvi". Anche per questo, quando Carla conta le donne al potere, in politica, nelle prime pagine dei giornali, nell'imprenditoria ma anche nel cinema nell'architettura e nella letteratura "i conti non tornavano".

Queste sono le pagine centrali del romanzo, non a caso affidate a Carla, come Silvia trapiantata a Milano dal centro Italia, come Silvia allergica agli happy hour e al nuovo skyline milanese, come Silvia alla ricerca di una solidarietà femminile che sappia farsi strumento di emancipazione. "Sono più giovane di chi ha fatto le lotte, ma riconosco - spiega Ballestra - una filiazione rispetto a quella generazione, i loro sono i discorsi più interessanti e convincenti. Vedo che le donne più giovani non si pongono il problema della discriminazione, ma ci arriveranno quando prenderanno consapevolezza". In ogni caso l'autrice si dice stupita che "certi argomenti siano liquidati come femminili quando riguardano tutto il Paese". Inevitabile il riferimento alla bocciatura delle quote rosa: "Un momento straziante, il ritratto di un paese bloccato".

Eppure "se il livello si alzasse un po' ne gioverebbe tutto il Paese", stretto invece in una "precarizzazione micidiale" che colpisce anche le amiche del romanzo, da Carla che pur essendo istruita e formata non ha nessuna prospettiva lavorativa a Vera, diventata suo malgrado l'uomo di casa da quando il marito ha perso il lavoro e la voglia di vivere. Storie quotidiane come se ne sentono ogni giorno ai bar di fronte alle scuole, quelli dove un tempo le mamme bevevano un caffè al volo prima di correre al lavoro e dove ora "si resta sempre di più perché l'alternativa è tornare a casa" dice Silvia, notando che a Milano "la produzione più sviluppata è proprio quella dei bar: chiudono le librerie, i negozi, ma aprono sempre più bar e cosa significhi - conclude - preferisco non saperlo". Ma la risposta è lì, in quei caffè consumati sempre più lentamente, in quelle chiacchiere che si fanno richiesta, invocazione: "Amiche mie, amiche mie, venite a farmi compagnia... venite a insegnarmi qualcosa e fate vedere che ci siete, che ci siamo".

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