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La copertina del libro del giorno

'Una tv alla moda'

di Fabiana Giacomotti

di Gioia Giudici

La Rai? "Una tv alla moda" secondo Fabiana Giacomotti, autrice del volume dedicato a 'Stile e star nella storia della Rai', edito da Rai Eri in occasione della mostra '1924-2014. La Rai racconta l'Italia' che, dopo il Vittoriano, arriverà alla Triennale di Milano in primavera.

"Per molti anni la Rai è stato l'unico accesso alla moda, con cui aveva un rapporto strettissimo, basta pensare - ricorda l'autrice - che il primo programma tv sulla moda era firmato da Beppe Modenese, che praticamente inventò la moda italiana insieme al marchese Giorgini, che organizzò anche delle sfilate in studio". Se la tv era il mezzo per formare il gusto, le sue icone erano Mina e Raffaella Carrà: "loro hanno fatto la storia della moda in tv: Mina per l'eleganza, la Carrà per il costume".

Fu creato proprio per la Carrà il primo abito in cristalli applicati a caldo: "una tecnica che ora non ci impressiona più, ma che allora fu una rivoluzione copernicana per i costumisti".

Se mitici restano alcuni completi della Carrà, dalle tutine spaziali firmate Mugler alle piume rosse di 'Pronto Raffaella', tanto che esistono collezionisti privati dei suoi costumi, non fu la Raffa nazionale a sdoganare la pancia scoperta in tv. "Il primo ombelico scoperto - racconta divertita Fabiana - è del 1969, sono le due gemelle Kessler a mostrarlo a 'Canzonissima', ma nessuno se le fila perché erano identificate con le gambe, mentre quando Enrico Ruffini ha tirato fuori l'ombelico della Carrà sapeva cosa andava a disegnare, perché lei aveva uno stupendo punto vita, sottile sottile". A scavare negli archivi della Rai, sono cadute molte altre leggende: "non è mica vero che la Rai era bacchettona: altro che rose finte per coprire le scollature di Abby Lane nel programma 'Giocondo' con Raimondo Vianello, quelli erano abiti fascianti". Proprio uno dei modelli indossati dall'attrice americana è il più antico degli abiti in mostra, seguito da un modello optical indossato nel 1965 da una giovanissima Rita Pavone e disegnato da Folco Lazzeroni Brunelleschi, "uno dei bravissimi costumisti che lavoravano per la Rai, ma anche per il cinema e anche come stilisti".

Il confronto con l'oggi sembra impietoso: "ma non è così - interviene l'autrice, - allora c'era un solo canale, ora ce ne sono quindici, all'epoca facevano 100 nuovi costumi a settimana, ora i tempi sono più ristretti, ma ci sono costumisti bravi". Se a 'Nonsolomoda' Benedetta Barzini intervistava Roberto Capucci che scendeva da una Rolls Royce con un leone al guinzaglio, "anche allora il programma andava in onda a orari improbabili".

Se c'è una vetrina che negli anni è diventata più splendente è quella di Sanremo: "é l'unico programma che ha avuto stilisti fin dall'inizio, perché le sorelle Fontana portavano tutta la loro collezione con un camion al festival, ma tolti i pochi ricchi di famiglia gli altri si vestivano come capitava: Iva Zanicchi aveva la maglietta di lana, Milva era una ragazzotta di campagna". Altro che la gara a vestire gli artisti che si scatena oggi, puntualmente vinta da Armani, "il più gettonato al festival da maschi e femmine", autore anche dell'abito più prezioso della kermesse, indossato da Andrea Osvart nel 2008. Se "Sanremo è andato migliorando negli anni", il suo momento iconico è il pancione sfoggiato da Loredana Bertè: "era terrorizzata perché aveva una canzone debole, 'Re', allora - racconta Giacomotti - chiese aiuto a Franco Miseria e Luca Sabatelli. Lei voleva uscire sul palco incinta e con la scopa in mano, ma Sabatelli la convinse che così sarebbe stata offensiva e optò per una gravidanza lunare, quasi aliena". Una provocazione datata 1986, copiata da Lady Gaga 25 anni dopo.

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