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'Segreti e no' di Claudio Magris

'Segreti e no'

di Claudio Magris

di Paolo Petroni

Una vignetta sul Washington Post di pochi anni fa, quando vennero fuori nuovi segreti sullo scandalo Watergate del 1972, vedeva una ragazza ventenne davanti a un Pc che si chiedeva cosa fosse il Watergate, con accanto un ragazzino teenager smanettante su Internet, che invece chiedeva cosa fosse un segreto, a sottolineare tempi in cui tutto sembra diventare subito di pubblico dominio e messo in rete a disposizione di tutti.

Torna in mente leggendo la frase di Claudio Magris messa a epigrafe in copertina di questo suo saggio: ''Il segreto e la sua custodia sono un elemento fondamentale del potere, ma c'è un'altra, molto più fondamentale custodia del segreto, è una umanissima protezione della propria libertà''.

Chissà se vi riusciranno a riflettere sopra i milioni di esibizionisti che si mettono a nudo sui social networks? O se invece si riconosceranno, coloro che si nascondono dietro identità fasulle, in quella fantasia adolescenziale di essere in qualche modo segreti, che Magris, ricordando un cugino che voleva fare da grande l'agente segreto, dice ''presente, più o meno, in ciascuno, quella che fa sognare avventurose e misteriose attività nascoste o proibite, che seduce con l'idea di avere un'identità nascosta''. La verità è che il discorso è molto più psicologico e esistenziale, se ''essere segreti per gli altri addolora e insieme conforta'', addolora perche' ci si sente sempre un po' incompresi e conforta col sapere di possedere una nascosta, personalissima verità. Magris insomma, in questi tempi in cui tutto sembra svelato e nella massa di informazioni nulla è chiaro, cerca di riandare col suo discorso alle origini e al senso del segreto.

Il segreto che serve al potere, gli è congenito e necessario, puo' essere svelato, come quelli citati sul Watergate, quando ormai non serve più, è divenuto inoffensivo, mentre non a caso ancora sono celate le verità sulle bombe degli anni '70 come sull'aereo di Ustica; un segreto che vive della sua custodia e di chi vi è preposto, gli Arcana Imperii che la tradizione dice Augusto abbia passato a Tiberio, mentre il mistero, l'ineffabile del sacro ha a che fare col segreto del rituale ed è concesso solo agli iniziasti dalla divina autorità. Al di là della ''cialtronesca cultura.... irrazionale e fascista'' che nel '900 ha ''disprezzato le ideologie in nome delle ineffabili verità dell'occulto'', dividendo tutto tra uomini inferiori che non sanno e uomini superiori che sanno, ''l'essenziale della vita - scrive Magris - rimane avvolto dal segreto''. Poi c'è il segreto che serve all'individuo, la cui custodia ''può essere un'umanissima protezione della propria libertà....

di un proprio spazio in cui essere liberi da tutto e da tutti'', ma che può evidenziare tutta l'ambiguità del segreto e della sua rivelazione. Magris cita Javier Marias e il suo ''Un cuore così bianco'', il cui protagonista inizia dicendo ''Non ho voluto sapere, ma ho saputo'', che è più sventura che liberazione, cosciente inoltre che rivelare, raccontare deforma i fatti e li altera; anche una notizia, quando la si riferisce, interpreta e ''passa a formare parte dell'analogia e del simbolo'', tanto che Torquato Accetto, letterato napoletano della prima metà del Seicento, spiega che se simulare comunica il falso, dissimulare può essere un modo non di falsificare la verità, bensì di rispettare il suo pudore. In questo senso l'esercizio della scrittura è esemplare col suo potere ''devastante, perché costringe a sapere'', è uno scavare alla ricerca di qualcosa ''che si rivela, quando e se si rivela, soltanto durante questa ricerca e che, in quanto si tratta di qualcosa di non conosciuto, è un segreto''. Come quello che nonostante tutto continua a contenere questo saggio, questo discorso, questo tentativo di disvelamento, su fame e dolori della conoscenza, ineludibile e impossibile.

(ANSA).

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